articolo Tempo libero Lettura
Tuttalpiù muoio: “Un inno alla vita. Un grido alla società” freccemercoledì 2 ottobre 2013

Un inno alla vita, un grido alla società”, cosi mi sento di identificare uno degli ultimi libri che ho letto: “Tuttalpiù muoio” di Filippo Timi e Edoardo Albinati, edito da Fandango nel 2009. Ci sono attori che scelgono di lasciare nell'ombra la loro vita privata, preferiscono che sia il palcoscenico a parlare di loro. Ce ne sono altri che nel corso della carriera amano far parte del cosiddetto "gossìp". E poi c'è Filippo Timi, attore teatrale, che sceglie di raccontare in “Tutto al più muoio" la vita, forse la sua, con gli amori, le violenze i desideri più' intimi, ma la maschera con la scrittura a quattro mani e nascondendosi dietro un controverso personaggio: Filo.

Ma qual è la parte vera da quella di puro estro creativo? “Tuttalpiù muoio” racconta di Filo, un giovane (che si annuncia in un modo bizzarro): "Nasco, come tutti a sette mesi dopo che la mamma per sbaglio si versa dell'acqua bollente sul pancione”. E già in primis si nota un'amara ironia nel descrivere gli eventi. Il giovane cerca di trovare una sua collocazione all'interno del suo paesino. Il fisico non lo aiuta: è grassoccio, suda troppo, balbetta e soffre di una rara malattia alla vista. Eppure, sono proprio questi limiti che lo aiutano a farlo sfondare nel teatro. L’adolescenza di Filo è resa viva da descrizioni minuziose e divertenti, da una scrittura forte, viscerale, reale: forse fin troppo reale, quasi da far sentire a disagio il lettore.

Prendono vita i rapporti familiari, i giochi di paese, l'amore per la danza, le Barbie, la voglia di fuggire dalla provincia. Filo vive da solo i suoi disagi. Nessuno aiuto della Famiglia. Quasi una sorta di rassegnazione e di indifferenza, come a dire "Ho un figlio cieco, povero, balbuziente e buon per lui”. Si trasferisce quindi a Roma ed entra a far parte di una compagnia teatrale. Qui si scontra con problemi economici, con la mancanza di amici e con il dolore che l'incertezza sessuale gli provoca. Ecco, proprio quest’ultimo potrebbe essere un punto oscuro di “Tuttalpiù muoio”. Sembra quasi che si giustifichi la sua incertezza.

Non si comprende bene se Filo tenda ad essere omosessuale o eterosessuale. Sembra quasi che diventi gay dopo la prima fidanzatina che lo molla. Sono pagine in cui c'è vita, da cui emerge uno sfacciato realismo. Filo fa ridere, ma non ride. Diverte, ma non si diverte. La bellezza del romanzo risiede soprattutto nell’ironia, nell’uso efficace e funzionale del dialetto umbro, nella leggerezza di alcune riflessioni private di Filo. Ottima la compattezza dello stile, le parole scorrono veloci e sembrano uscire direttamente dalla bocca del protagonista.

Molto simpatiche poi le citazioni di vecchi sketch televisivi, cartoni animati, e frasi di film che hanno riempito l’adolescenza della generazione e dei trentenni di oggi. “Tuttalpiù muoio” è’ un libro avvincente, un romanzo di sofferenza e di coraggio. Il racconto esilarante di una vita quasi inverosimile, che ti toglie il respiro come un pugno allo stomaco. Un libro emozionante che lascia il segno, con un finale imprevedibile che fa riflettere. Veronica Otranto Godano
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Elisma

Elisma, genere comprendente una sola specie di piante acquatiche rustiche, rizomatose,  appartenenti alla famiglia delle Alismataceae, spontanea nelle regioni centro-occidentali dell’Europa, adatta per la coltivazione ........

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Ammophila, genere di 2 specie di piante erbacee perenni, stolonifere e rizomatose, appartenenti alla famiglia delle Graminaceae, tipiche delle zone litoranee dell’Europa, America settentrionale atlantica e Africa settentrionale.

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Andromeda, genere di 2 specie di arbusti sempreverdi, di taglia ridotta, con foglie piccole e strette e fiori minuscoli, riuniti in ombrelle terminali. Sono piante rustiche, adatte per le bordure arbustive e per il giardino ........

Schizostylis

Schizostylis, genere di 21 specie di piante rizomatose, perenni, appartenenti alla famiglia delle Iridaceae. La specie descritta è adatta per le bordure erbacee e miste, per la coltivazione in vaso, sotto vetro e anche per ........

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Ricetta del giorno
Torta sabbiata
Imburrare abbondantemente il foglio di alluminio, spolverizzarlo con un po’ di farina e foderare la tortiera. Mettere il restante burro, che deve essere ....
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Nicandra

Nicandra, genere comprendente una sola specie perenne, suffruticosa, particolarmente adatta per le bordure, con fiori, foglie e frutti molto ornamentali. I fiori hanno la caratteristica di aprirsi solo per poche ore durante ........

Edera (Hedera)

Edera (Hedera), genere di 15 piante rampicanti sempreverdi, rustiche, appartenenti alla famiglia delle Araliacee, facili da coltivare, diffuse in tutte le zone temperate dell’Europa. Crescono bene anche in terreni molto ........

Anèmone (Anemone)

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Helipterum

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Ricetta del giorno
Broccoli marinati
Immergere i broccoli in acqua salata in modo che possano assorbire bene l’acqua e quindi asciugarli bene.
Schiacciare 4 spicchi d'aglio con lo schiaccia ....


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Tuttalpiù muoio: “Un inno alla vita. Un grido alla società” freccemercoledì 2 ottobre 2013

Un inno alla vita, un grido alla società”, cosi mi sento di identificare uno degli ultimi libri che ho letto: “Tuttalpiù muoio” di Filippo Timi e Edoardo Albinati, edito da Fandango nel 2009. Ci sono attori che scelgono di lasciare nell'ombra la loro vita privata, preferiscono che sia il palcoscenico a parlare di loro. Ce ne sono altri che nel corso della carriera amano far parte del cosiddetto "gossìp". E poi c'è Filippo Timi, attore teatrale, che sceglie di raccontare in “Tutto al più muoio" la vita, forse la sua, con gli amori, le violenze i desideri più' intimi, ma la maschera con la scrittura a quattro mani e nascondendosi dietro un controverso personaggio: Filo.

Ma qual è la parte vera da quella di puro estro creativo? “Tuttalpiù muoio” racconta di Filo, un giovane (che si annuncia in un modo bizzarro): "Nasco, come tutti a sette mesi dopo che la mamma per sbaglio si versa dell'acqua bollente sul pancione”. E già in primis si nota un'amara ironia nel descrivere gli eventi. Il giovane cerca di trovare una sua collocazione all'interno del suo paesino. Il fisico non lo aiuta: è grassoccio, suda troppo, balbetta e soffre di una rara malattia alla vista. Eppure, sono proprio questi limiti che lo aiutano a farlo sfondare nel teatro. L’adolescenza di Filo è resa viva da descrizioni minuziose e divertenti, da una scrittura forte, viscerale, reale: forse fin troppo reale, quasi da far sentire a disagio il lettore.

Prendono vita i rapporti familiari, i giochi di paese, l'amore per la danza, le Barbie, la voglia di fuggire dalla provincia. Filo vive da solo i suoi disagi. Nessuno aiuto della Famiglia. Quasi una sorta di rassegnazione e di indifferenza, come a dire "Ho un figlio cieco, povero, balbuziente e buon per lui”. Si trasferisce quindi a Roma ed entra a far parte di una compagnia teatrale. Qui si scontra con problemi economici, con la mancanza di amici e con il dolore che l'incertezza sessuale gli provoca. Ecco, proprio quest’ultimo potrebbe essere un punto oscuro di “Tuttalpiù muoio”. Sembra quasi che si giustifichi la sua incertezza.

Non si comprende bene se Filo tenda ad essere omosessuale o eterosessuale. Sembra quasi che diventi gay dopo la prima fidanzatina che lo molla. Sono pagine in cui c'è vita, da cui emerge uno sfacciato realismo. Filo fa ridere, ma non ride. Diverte, ma non si diverte. La bellezza del romanzo risiede soprattutto nell’ironia, nell’uso efficace e funzionale del dialetto umbro, nella leggerezza di alcune riflessioni private di Filo. Ottima la compattezza dello stile, le parole scorrono veloci e sembrano uscire direttamente dalla bocca del protagonista.

Molto simpatiche poi le citazioni di vecchi sketch televisivi, cartoni animati, e frasi di film che hanno riempito l’adolescenza della generazione e dei trentenni di oggi. “Tuttalpiù muoio” è’ un libro avvincente, un romanzo di sofferenza e di coraggio. Il racconto esilarante di una vita quasi inverosimile, che ti toglie il respiro come un pugno allo stomaco. Un libro emozionante che lascia il segno, con un finale imprevedibile che fa riflettere. Veronica Otranto Godano
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